6.30.2006

Asindeto

Perché mi manchi
chiedo.

Perché le mani arrese
i fianchi le maree
la luna in soglie
e inoltre l’oltre.

Perché al microscopio
l’atomo è punto cratere
di ogni mondo brodo
e pullulare primordiale.

E sei giro scafo albero
piantato in petto all’universo
dove nascere viene prima
di morire certo.

E a farsi azoto non finisce
ché vivere è lo stesso
di aspettare al molo l’infinito
una nave che non ha risposte.

Come neve sale alla montagna
un bagaglio intanto di vertigine
tra rami giunti un’isola
al centro liquido dei polsi
muove il mare.


Marombra

6.28.2006

Augurium

Ricordati che il volo
non ha una riga netta
a destra un po’ distante
il fiume schiude le ali
e l’aria non risponde
che di acqua ha
gli orizzonti.
Ricordati di cose
altre forse
rose
viola del pensiero
che viola di colore
non riposa.
Ricordati che c’ero
in spirito io ero
o in parola
orlo uno e trina rima
ferma vita
istante tremolante
immensità che oscilla
di sassi vuoto calamita
piana lira
s’alza grida
gira volta foglia stella
cade infine
la fine, l’esistenza.


Marombra


PS. il titolo di questa poesia è ispirato alla mia partecipazione, appena iniziata, sul blog poeti e non
io, ovviamente, sono il non (http://poetienon.splinder.com/post/8527460)

6.27.2006

Se nel mio cuore ombre

Se nel mio cuore ombre, approcci di stenosi
che il flusso regolare del sangue m’impediscono
ti prego o mio Signore allargami la via
toglimi le restrizioni, elimina i residui
le incrostazioni infette, pulisci a detersivi
d’affetti e sentimenti e con parole nuove
aperte, di luci e di colori
rischiara quelle ombre
donami un sogno assurdo
con io che so volare
da un monte plano, scendo
risalgo in un crescendo
conosco amore e bene
assieme al giusto, al vento


A.

6.26.2006

Aritmie

Che poi dovrei risponderti
ecco mi alzo e vado
a coltivar la voce a fiori e notte
ad innaffiarli d’acqua dolce
unta in medio dalla luna
lavorio di madreperla e lima
per ridurre all’osso carapace e valva
gli specchi le allodole ed i gusci
aranciati tra tentacoli di polpo
col rostro trafitto alle falangi
mano issata la bandiera
insegna circolare di pazienza
occhi fissi sulla plafoniera
il quadro il tavolo l’insalatiera.

Che poi dovrei risponderti
ecco mi alzo e vado
sulla sedia attonita bagnata
l’ispirazione giunge infine a sera
ed è felino ed è pantera
accucciato latente a riposo
rapinoso di quiete sbaraglia
l’ansante animale verbale
lo scatto fremente del guizzo
scoppiando vorace in scintilla
improvviso sull’ira rasente
si slancia e divora la massa
dilania le scarpe e la suola
i germogli composti in aiuola.

Indifesa la vista s’arriccia
sulla bocca supina a sudare
tranne un paio d’occhiali da sole
appesi tra naso ed orecchia
che nascondono il bulbo oculare.


Marombra

6.23.2006

Dono

Ad Alice

NaN (Not a Number)
1° Maggio 2006

Mi piacerebbe
morire vivere con te
ridare osso al collo e seppie
alla quiescenza di morire
scrivere di temporali;
c’è una sete al plasma senza

rese: cela il conto ed i fondali
c’è una ciminiera
che imbocca il cielo, c’erano
delle antenne
più distanti della musica
che non triangolavano le tare
a parabolica:
ma amare è lungo, hai detto, è
ricevere un messaggio,
attendere e ricombinare
due vuoti a un infinito
in un singolo passaggio.

Massimo Orgiazzi

6.21.2006

Suono secco (ovvero notte insonne)

Perché l’arco sestante
basso acuto d’attacco
il parenchima gonfia
che al palato ribatte
punta sacco sfondante
la porta.

Perché rosso di fuoco
come liquido sgorga
dalla crepa la pietra
sacra intima gola
umorale squarciata
colante.

Perché liberi inversi
apparecchi obsoleti
scissi all’aria festante
viscerale stagnante
mitragliata manifesta
in picchiata.

Perché ninfa dorata
sdegno bussa alle nocche
sfinitezza risponde
nella forza la lente
nei capelli le ciocche
a brandelli.

Il programma raggruppa
in colonne struttura
l’ansia nota altrimenti paura.
Nella notte si spande
sfascio grasso e pesante
denso vivido intenso
un ricamo d’incenso
pensante.


Marombra

6.18.2006

Stormire

Rumor di foglie
e stelle che si affacciano al balcone
dei suoi primi anni.
Un cerchio di luce s’accende
obliquo sul ritratto
nel giorno della prima comunione
forse battesimo o altro sacramento
di rappresentanza sociale.
In primo piano
la tempesta s’addensa
a ingravidare nuvole di cielo
e stormi di farfalle s’imprimono
nell’angolo sinistro dell’occhio cieco.
L’ultima occasione è una cerimonia
replicata all’infinto
un atto di dolore da recitare
alle ginocchia scure del confessionale
afflitto dal peccato d’esser nato uomo
macchiato dal peccato originale.
Come foglia al vento stormire
staccarsi planare sul mare
che dorme l’ultimo sonno
prima di tornare a carezzare l’onde
che sospingono embrioni
a questi verbi informi.


Marombra

6.15.2006

Laghi

Ogni cosa è bianca
d’onda rapida e candida
(calma alba pacata)
le vocali le lettere il cerchio
il segno la curva le braccia
la faccia
le virgole il senno ed il seno
il costato lo sterno il bacino
il corpo coperto dal bianco
lenzuolo.

Questo luogo è silenzio
è cura e preghiera
è chiostro
bianco diventa l’inchiostro
il velo la tenda e le scarpe
il letto il ricovero il muro

il bicchiere il risvolto l’arredo.

Il soffitto non vedo
ed è bianco anche il cielo
nel bianco ogni cosa si perde
e proseguo una strada alla cieca
occhi chiusi imbiancati
abbagliati di luce che
riverbera in laghi

di neve.

Marombra

6.09.2006

Refrain

Io penso e piango
Io penso e piango
Un volo bianco


Diciotto e cinquantuno
fende l’aria il parabrezza
del bus pomeridiano
sull’asfalto rossi punti d’ebbrezza
digitale schegge schizzate
di pietrisco sgretolato
nell’erba che dipinge verdi
e gialle d’onde di ginestra
le colline circostanti in sosta
alla stazione di servizio.

Nessun bisogno della vista
né di voce né di invito
in quella casa la carta da parati
ha un colore indefinito.
Sorprendente margine
di seduzione la mano che cade
casualmente sulla scapola ma
la scapola non vibra che di ossa
curva audace in ruga che traspare
di silenzio invecchiato sulle dita.


Io penso e piango
Io penso e piango
Un volo bianco

Marombra

6.07.2006

Paesaggio polmonare

Oggi il corpo è altrove
il torace esposto fuori sede
insegue il baricentro
ansimare solerte e sonnolento
fiaccato dal continuo spostamento.

La borraccia senza acqua
le braccia come gambe
e le gambe come montagne
qui davanti agli occhi
dai fianchi convergenti e rocce
seminate tra i capelli a macchie
d’alberi e conifere lanuginose
pecorelle imbiancate e imbambolate
come quelle porcellanate del presepe.
Morfologia di una visione
abitare il pascolo intermedio
poi franare al centro
nel fondo boscoso della valle.
Come fiume ascoso scorre
il luogo dove riposare
eternamente.


Marombra

6.04.2006

L'infinito

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare

Giacomo Leopardi

6.02.2006

Arabesco

Il fianco è nudo offerto allo scoperto
i capelli non coprono che un quarto
delle crepe sul viso arabescato
dalle ombre e da un filo di rossetto

Sul dorso del cratere si contiene
una polla sorgiva di fantasmi
bruna è l’ora del balzo sulla luna
bianca diana che dal carro siderale
arrovella le distanze nella culla
di cammello che passa dalla cruna

Radura smisurata d’erba viva
s’apre a libro la scala del riscatto
scena prima oltre la cappa quinto atto
si cancelli la memoria dello sfratto.

Marombra


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