Polpa
Piccole vicende quotidiane e senza prima riflettere
se sia meglio il vivere in primo piano, l’esplosa luce
in faccia, o sullo sfondo come l’inessenziale t’appare
dapprima, per poi rivelarsi, poi, ciò che bene o male
si è, s’è creduto d’esser diventati negli anni, gli anni
e ho dimenticato i volti, gli alunni dei registri i colori,
ciò che s’è detto d’essere, le tortuosità diffuse, forse
il criterio unico è quanto forte preme dentro, almeno
cosa, intuitivamente, in quali situazioni e per quanto
tempo saremmo disposti a privarcene, ecco una via,
d’altra parte alcun controllo che ci sia realmente utile
di questi tempi stremati e mai così sorridenti, puntuali
o ci si incontra distrattamente in giro, la poco sobrietà
di un occidente da bere e nulla più, tempo di saldi saldi
in questi tempi stremati, dalle vane inoffensive devianze
e dunque: cosa controlli cosa, cosa reprimi, pro quale dio
del timore? del desueto? o di un’ingiusta condotta e celata
spifferata nei confessionali come se di piccoli mafiosi- credi
al linguaggio al padrino al gesto delle dita che non benedice
affatto, alla reazione dopo l’azione e non occorre violenza ma
lingua e non guancia, credi all’amore in ogni sua forma ed età,
nessuna patente di condotta casta, deriva, diventata come resa
di fronte ai violenti e ancor peggio, al futuro, ancora tu:
cosa controlli
cosa?
cosa reprimi
cosa?
cosa sussurri silenziosamente sotto le coperte
di notte quando c’è spazio gelo, solitudine?
l’anima
quando si sente sola
è a reclamare una carne
che sia di carne d’odori del corpo e s’avvinghia
ci s’avvinghia all’altro, siamesi noi, dolci separati alla nascita, speranza.
Per gentile concessione di Xergio
se sia meglio il vivere in primo piano, l’esplosa luce
in faccia, o sullo sfondo come l’inessenziale t’appare
dapprima, per poi rivelarsi, poi, ciò che bene o male
si è, s’è creduto d’esser diventati negli anni, gli anni
e ho dimenticato i volti, gli alunni dei registri i colori,
ciò che s’è detto d’essere, le tortuosità diffuse, forse
il criterio unico è quanto forte preme dentro, almeno
cosa, intuitivamente, in quali situazioni e per quanto
tempo saremmo disposti a privarcene, ecco una via,
d’altra parte alcun controllo che ci sia realmente utile
di questi tempi stremati e mai così sorridenti, puntuali
o ci si incontra distrattamente in giro, la poco sobrietà
di un occidente da bere e nulla più, tempo di saldi saldi
in questi tempi stremati, dalle vane inoffensive devianze
e dunque: cosa controlli cosa, cosa reprimi, pro quale dio
del timore? del desueto? o di un’ingiusta condotta e celata
spifferata nei confessionali come se di piccoli mafiosi- credi
al linguaggio al padrino al gesto delle dita che non benedice
affatto, alla reazione dopo l’azione e non occorre violenza ma
lingua e non guancia, credi all’amore in ogni sua forma ed età,
nessuna patente di condotta casta, deriva, diventata come resa
di fronte ai violenti e ancor peggio, al futuro, ancora tu:
cosa controlli
cosa?
cosa reprimi
cosa?
cosa sussurri silenziosamente sotto le coperte
di notte quando c’è spazio gelo, solitudine?
l’anima
quando si sente sola
è a reclamare una carne
che sia di carne d’odori del corpo e s’avvinghia
ci s’avvinghia all’altro, siamesi noi, dolci separati alla nascita, speranza.
Per gentile concessione di Xergio
1 Commenti:
mi perdonanerà Xergio se non ho potuto rispettare la formattazione compatta originale, la colonna del blog l'alterava, allora ho preferito intervenire io, staccando nei punti "topici" per dare risalto alle domande.
E grazie sempre.
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