7.24.2006

Gat shemanin

L'angoscia è una fiamma che si accende
con le preghiere svanite nel mattino.
dèi insondabili ne fanno, per conforto,
una morte innocente. L'implacabile
fuoco adesso è pietra, sabbia
che spegne ogni lirica cenere. Soltanto,
il pomeriggio, un muto lamento
si avverte nella casa.


Fabrizio Centofanti

http://fabryvoce.splinder.com

6 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Certo che dal punto di vista egoistico che è nell'animo umano alimentato dall'istinto di conservazione tale angoscia da consapevolezza sembrerebbe o fuori luogo proprio per questo motivo oppure attraversata dalle bande nere dell'ineluttabilità che dovrebbero e forse fanno scattare il sentimento "eroico" che esiste, anche se in manier e per motivi diversi, in ciascuno di noi.
E' quella sensazione che ci spinge, nonostante la ragione ci dica di no, a fare un gesto generalmente senza ritorno.
La mia perplessità è sempre stata grande su questo punto in cui si va al martirio consapevoli della propria resurrezione ma proprio nel fatto che la promessa di Gesù fu che saremmo risorti anche noi c'è quella magica ricomposizione della mia frattura interiore.

7/25/2006 09:09:00 AM  
Anonymous Anonimo ha detto...

e se considerassimo la morte come il crollo del nostro involucro esteriore "durante" la vita stessa?
Allora questo incamminarsi verso il martirio significherebbe andare incontro ad una elevazione spirituale.
Abbandonarsi alla morte per rinascere in vita ad una forma più autentica...

Bello Artur
e grande, come sempre, la "sapienza" poetica del nostro curato.

7/25/2006 11:54:00 AM  
Blogger alivento ha detto...

Fabry, quando hai postato questa poesia mi ha molto colpito l'ultimo verso, quel muto lamento che si avverte nella casa, un mugolio che echeggia nelle stanze e che quasi ginge alle orecchie; pensai che quel verso fosse molto suggestivo.
Mi era piaciuto pure l'incipit, diretto e forte, l'angoscia è parola pesante e curiosamente nella poesia non svanisce all'alba ma al contrario s'accende di fiamma quando cessano le preghiere della notte, cosa che appunto avviene quando è grave la prova che si ha di fronte.
Mi piacque anche la suddivisione della poesia nei tre tempi: mattino, notte trascorsa, pomeriggio.
L'unica nota oscura rimase, ed ancora rimane, quella "morte innocente".
Forse esprime il desiderio di concludere la propria vita nella purezza, e l'ansia notturna, sfociata in angoscia, rappresenta la difficoltà di essere di fonte a una scelta che coinvolge appunto le proprie corenti scelte di vita. Ma questo Fabry non necessita di chiarimenti, anzi rappresenta l'enigma che non deve essere sciolto affichè resista l'intera impalcatura nel suo mistero e fascino.
Ecco i motivi per cui ho preferito questa tua poesia, Fabry, perchè nel suo breve frullo d'ali mi sembra non manchi di niente che ne faccia rotonda completezza.

7/25/2006 09:06:00 PM  
Blogger alivento ha detto...

Rita sono in tutti i testi qui postati con la firma marombra.
Se intendi il fatto che non intervengo è perchè sono rimasta disconnessa per quasi tutto il giorno, ma non sono mancati i commenti interessanti da quello profondissimo (che quasi neanche l'afferro :)) del nostro caro Artur, a quello prezioso di Marco.
Fabry, come sempre, è al di sopra di ogni giudizio, rimane guida e modello.
Grazie per avermi permesso d'accogliere qui questo tua poesia.

7/25/2006 09:11:00 PM  
Anonymous Anonimo ha detto...

scusa aluccia ma non la leggi la posta? riposta OL

7/25/2006 10:21:00 PM  
Blogger alivento ha detto...

si :)

7/25/2006 10:47:00 PM  

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