9.28.2006

Oscillante

Mondo infame e infelice
che vieni ogni giorno
a poggiarti sul collo
e le spalle che il perno
sostengono ed il peso
del gigante d’atlante.

Un giorno morente
di bellezza invisibile
chiuderai gli occhi buoni.

Un giorno sanerai
d’impossibile errore
il firmamento profondo.

Così nutrirai l’erba alta
che ondeggia in rapite visioni
così accetterai la tua croce
che salva la rosa con nome.
Movimento torbido del timoniere
come fremito rimescola il fondo
la strettoia il gomitolo il buco
la virgola il cenno d’intesa
il nesso divelto di cosa
sia insostenibile attesa.


Marombra

9.24.2006

Tu canti

Tu canti il Padre
perchè ti affligge il pensiero
della morte e chiamandolo
più volte con tanti nomi e forte
lo rendi forse più vero
e più vicino

Tu gli domandi quale sia
la sorte e dove la sera
ti conduce a cogliere
narcisi tra le spighe
di un tempo che ormai
corto di spago si dilata
a dismisura e nella tessitura
filo teso si recide

Io fermento un verbo impuro
tra i denti e le gengive

e il succo che ne sprizza
come vino si riversa
dentro botti di castagno
aromatica mistura che
trabocca dalla fenditura

Io coltivo pietre di caverne
alghe in laghi di corallo
la bocca grida chiusa
nel bicchiere di cristallo
vibra vuota d'armonica

la sabbia
sulle labbra del silenzio

l’ombra bianca.

Marombra

9.21.2006

Desense

E poi forse berrò
ferita e furore
brandendo l’arma nell’ira viva
scampata l’anima al golfo
insensato
insenatura del corpo antico
antiquato bastardo
bastantemente imbastito
bastimento incagliato
bieco bacato
tragico vivo legno tarlato.

Ringhiare alle sbarre
l’eterna prigione
le viti i tralicci l’alta tensione
urlare nel collo della bottiglia
le gambe mozzate ridotte in poltiglia
moneta lanciata mai più ritrovata
la testa o croce i mondi veleni
le menti pensanti i colletti pesanti
la prova di forza indurita la scorza
la rabbia di schiuma di bava
alla bocca.

Farsi sottile apporre le mani
azzurrità d’una violenza estrema
la lama alla gola che taglia
o l’uccide è solo scena
il morbo amovibile
rimane
la più grande pena


Marombra

Le mie prime recensioni

Dai commenti al post sul blog di Vocativo (del quale ho scritto qui qualche giorno fa)

"La poesia di alivento è sapiente gioco verbale, che trova il proprio senso nelle immagini che evoca e rapide s’affastellano nella mente come un paesaggio in dormiveglia; richiami d’una sensibilità quasi crepuscolare deviano bruscamente in scientismi inattesi, che disegnano un paesaggio spiazzante nel quale per suggestione ritroviamo le coordinate del nostro sentire."

Antonio http://narrando.splinder.com/

Immagini efficaci “…infestano le orme della lingua.”, una scrittura “pacata” (calma alba) che percorre con gusto il ritmo della vita sino a “tirar l’alba “ , un percorso disposto con sapiente nesso,incrocio e utilizzo delle sensazioni-oggetti, quasi un elenco-flusso di note melodiche che cerca di uscire dalla disarmonia “tra questo tutto che deborda” affinché, alla fine, “libere parole siano”. Ottima scelta poetica e complimenti ad Alivento.

Marco Saya

Su Alivento ho detto gia in altre sedi ma ribadisco che la sua poesia possiede il dono di saper volare. Ovviamente questo sottindende che ogni tanto un vuoto d'aria rischia di farla precipitare ma questo non le preclude che con le ore di volo accumulate e l'estro che si ritrova saprà, come gia fa, regalarci poesie sempre più perfette. La sua voglia i esperienze poetiche la lancia a volte in corridoi dove non la seguo perchè sono linee aeree che non mi piacciono molto ma questo è un qualcosa di personale che non toglie nulla alla freschezza di tante immagini che mi vengono in mente leggendola.

Arturblord http://isola_di_arturo.blog.tiscali.it/

Zattera

Ed è una zattera questo mare
dove anneghiamo a turno
un salvagente galleggiante
come appoggio d’un istante
d'ogni braccio o collo
d'ogni àncora nel porto.

Un gorgo che s’avvita
corpo morto che trascina
funi d'ansia all’ombelico
un raschio di tentacoli
che infiltrano ventose
dentro radiche sottili.

Dal femore alla scapola
la vertebra s'arrotola

acqua interna nella vela
lato squarcio che ribolle
la rotta è senza meta
la pellicola forata

A cento metri dal naufragio
l'urlo cupo d'uragano
muore adagio
rantolando nella mano.


Marombra

9.18.2006

IO Poeta

Vocativo, mio amico virtuale di lunga data, sul suo blog ha deciso di tornare a editare la rubrichetta di scelte settimanali (ora evolutasi in quindicinali) dedicando all'interno della prima di esse uno spazio ad alcune mie poesie.
Questo è il link al post sul blog di Vocativo http://www.vocativo.splinder.com/post/9270013
Mi farebbe molto piacere se qualcuno venisse a commentare di là.

9.15.2006

Libera di senza

Ti prego
Non parlare dolcemente

Quando implode
l’arco teso
scocca e freccia vibra viva
lago estende
nel presente eterno vacuo
si protende.

Ti prego
Non parlare dolcemente


Altro
si confonde dentro
e gli occhi vanno in vago
giro tristi e sento in vitro
vuoto peso involto tetro
un pieno senza scampo
una piovra un cappio franto
un danno che rimescola
natura che s’inalbera
l’istanza tesa la domanda
la vita in altera partita
salta il ponte e
si disperde oltre ma oltre
ci deve essere per forza
per mia forza disperata
un’altra vita.


Marombra

9.12.2006

Tu sei

Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell'estate.


Cesare Pavese
29.10.1945
(La terra e la morte 1945-46)

9.10.2006

Crisalide

Di vuoto in vuoto
e sulle punte
un filo teso scosceso
sul viso che non vedo.
Burrone di agavi e rami
travi di legno sospese
a strapiombo e catena.
Coniugare raffiche e infinito
la gomena la passerella
l’arbusto alle pareti
agitare le braccia per restare
in equilibrio e in vita.
Nel buio trasparente
nuotare d’occhi ciechi
insistere e pregare
a piedi giunti sull’altare.
Il tempio con la crepa
la scala che si piega
corteccia da spezzare.
Nell’assenza camminare
in successione rapida saltare
di tronco in foglia
di stelo di in stella

mormorare d’essere fonte
dischiusa in felci primitive
gorgogliare fresca d'acqua
ruscello tra le dita
nodo perdono filare

lentamente saliva
nel bozzolo mutare
di seta sprofondare.


Marombra

9.05.2006

Antiqua


Ondeggiare d’ibiscus
rigoglioso a distanza
vibrare di petali al soffio
di foglie rapite d’agosto.
Attraverso il cristallo del prisma
un colore di verde e d’ oliva
il lampo l’ortica un ramarro
la pietra sul dorso metallo
la pianta screziata che frange
una luce smeraldo alchimia
di un settembre sorgente.

Metamorfosi d’acqua alla crosta
che scorre si prostra s’ingrotta
tra le guglie cobalto si spande
una landa che fluida scende
in mare e marea di pianto.
La tempia che batte la vena
la vena che ossessa si gonfia
risale ai capelli e negli occhi
dilaga l’ondata di bianco
la terra di seppia scavata
al galoppo sfrenato si sfianca.

Marombra

9.02.2006

Quadro piove

Ora piove dici piove
perchè l'aria si rinfresca
e le nuvole coprono l'estate.
Una donna sull'uscio
rammenda cose fosche
di tempesta a punti fitti fitti
gettati su calzini
come rete di pesca
pesca buchi di memoria
o di un lungo camminare.
Improvviso picchiettare
allegro sulle fronde
distratte dal rumore
cadono le gocce.
Sono tondi d'antracite
disegnati sul cemento
cerchi sparsi di grigiore
in chiaroscuro irregolare.
Sentire profumi
di basilico e ginepro
un respiro di fanghiglia e afa
ragazzi in sella a motorini
volteggiano ronzando
in cerca di un riparo.
Ora piove dici e infatti piove
a dirotto tra mosche
fastidiose di scirocco.


Marombra

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