1.28.2007
1.27.2007
Desidero
ringraziare la poetessa Paola Lovisolo che sul suo blog ha postato la mia "Corpo" (nata dall'incontro con la sua poetica) per l'onore concessomi e l'attenzione.
Vi invito a visionare il post e la suggestiva foto dedicatami qui.
Vi invito a visionare il post e la suggestiva foto dedicatami qui.
Progetto lettura 11
Nel Progetto lettura su oboesommerso è l'ora di Anila Resuli, una poetessa a me cara, che è un piacere per gli occhi, da leggere e guardare, un piacere per le orecchie poterla ascoltare.
1.26.2007
Imprinting
La pressa che c’investe
apre a forza
la bocca degli amanti
in fotogrammi
di bava bianca e sale
dai portoni e bui androni
tra le case nelle piazze
al ristorante.
Vapori di umidore corporale
la pancia che si sfianca
l’autostrada sull’asfalto
nuda tra due sessi e gambe
lunghe come oggetti
d’ebano gigante.
Dentro gonfie stanze
un vuoto teso a chiazze
di rossore
al piano superiore ancora corpi
di bambini rotti come
giochi occhi
felpati e feti
in crasi d’impressione
la fusione fredda la coscienza
la miccia di violenza dell’umano
un’esca congelata d’inversione
il carburo scoppia
e spegne
la televisione.
Marombra
Desidero segnalare che questa poesia è pubblicata anche su Erodiade
apre a forza
la bocca degli amanti
in fotogrammi
di bava bianca e sale
dai portoni e bui androni
tra le case nelle piazze
al ristorante.
Vapori di umidore corporale
la pancia che si sfianca
l’autostrada sull’asfalto
nuda tra due sessi e gambe
lunghe come oggetti
d’ebano gigante.
Dentro gonfie stanze
un vuoto teso a chiazze
di rossore
al piano superiore ancora corpi
di bambini rotti come
giochi occhi
felpati e feti
in crasi d’impressione
la fusione fredda la coscienza
la miccia di violenza dell’umano
un’esca congelata d’inversione
il carburo scoppia
e spegne
la televisione.
Marombra
Desidero segnalare che questa poesia è pubblicata anche su Erodiade
1.22.2007
Sentimental
E sei tu lo spacco
della polpa melograno
i chicchi fuoriusciti
di rubino
l’ampolla della vita
il liquido succoso
zuccherino
come bella ballerina
danza un leggero
passo
il mio destino
bevendo
dalle tue grandi labbra
desiderio.
Marombra
della polpa melograno
i chicchi fuoriusciti
di rubino
l’ampolla della vita
il liquido succoso
zuccherino
come bella ballerina
danza un leggero
passo
il mio destino
bevendo
dalle tue grandi labbra
desiderio.
Marombra
1.20.2007
Polpa
Piccole vicende quotidiane e senza prima riflettere
se sia meglio il vivere in primo piano, l’esplosa luce
in faccia, o sullo sfondo come l’inessenziale t’appare
dapprima, per poi rivelarsi, poi, ciò che bene o male
si è, s’è creduto d’esser diventati negli anni, gli anni
e ho dimenticato i volti, gli alunni dei registri i colori,
ciò che s’è detto d’essere, le tortuosità diffuse, forse
il criterio unico è quanto forte preme dentro, almeno
cosa, intuitivamente, in quali situazioni e per quanto
tempo saremmo disposti a privarcene, ecco una via,
d’altra parte alcun controllo che ci sia realmente utile
di questi tempi stremati e mai così sorridenti, puntuali
o ci si incontra distrattamente in giro, la poco sobrietà
di un occidente da bere e nulla più, tempo di saldi saldi
in questi tempi stremati, dalle vane inoffensive devianze
e dunque: cosa controlli cosa, cosa reprimi, pro quale dio
del timore? del desueto? o di un’ingiusta condotta e celata
spifferata nei confessionali come se di piccoli mafiosi- credi
al linguaggio al padrino al gesto delle dita che non benedice
affatto, alla reazione dopo l’azione e non occorre violenza ma
lingua e non guancia, credi all’amore in ogni sua forma ed età,
nessuna patente di condotta casta, deriva, diventata come resa
di fronte ai violenti e ancor peggio, al futuro, ancora tu:
cosa controlli
cosa?
cosa reprimi
cosa?
cosa sussurri silenziosamente sotto le coperte
di notte quando c’è spazio gelo, solitudine?
l’anima
quando si sente sola
è a reclamare una carne
che sia di carne d’odori del corpo e s’avvinghia
ci s’avvinghia all’altro, siamesi noi, dolci separati alla nascita, speranza.
Per gentile concessione di Xergio
se sia meglio il vivere in primo piano, l’esplosa luce
in faccia, o sullo sfondo come l’inessenziale t’appare
dapprima, per poi rivelarsi, poi, ciò che bene o male
si è, s’è creduto d’esser diventati negli anni, gli anni
e ho dimenticato i volti, gli alunni dei registri i colori,
ciò che s’è detto d’essere, le tortuosità diffuse, forse
il criterio unico è quanto forte preme dentro, almeno
cosa, intuitivamente, in quali situazioni e per quanto
tempo saremmo disposti a privarcene, ecco una via,
d’altra parte alcun controllo che ci sia realmente utile
di questi tempi stremati e mai così sorridenti, puntuali
o ci si incontra distrattamente in giro, la poco sobrietà
di un occidente da bere e nulla più, tempo di saldi saldi
in questi tempi stremati, dalle vane inoffensive devianze
e dunque: cosa controlli cosa, cosa reprimi, pro quale dio
del timore? del desueto? o di un’ingiusta condotta e celata
spifferata nei confessionali come se di piccoli mafiosi- credi
al linguaggio al padrino al gesto delle dita che non benedice
affatto, alla reazione dopo l’azione e non occorre violenza ma
lingua e non guancia, credi all’amore in ogni sua forma ed età,
nessuna patente di condotta casta, deriva, diventata come resa
di fronte ai violenti e ancor peggio, al futuro, ancora tu:
cosa controlli
cosa?
cosa reprimi
cosa?
cosa sussurri silenziosamente sotto le coperte
di notte quando c’è spazio gelo, solitudine?
l’anima
quando si sente sola
è a reclamare una carne
che sia di carne d’odori del corpo e s’avvinghia
ci s’avvinghia all’altro, siamesi noi, dolci separati alla nascita, speranza.
Per gentile concessione di Xergio
1.19.2007
Panorama
Forse che se ti avessi in pace
in viso il riso
l’ansia che sconquassa forse
troverebbe tregua
forse se cessassi questa
trivellazione assurda
che di ghiandole fa asole
e scava e butta fuori
sassi grassi e argilla.
Se al chiuso riponessi il nido oscuro
dentro un sacco nel ripiano alto
quello che ci arrivi con la scala
che lo trovi dopo anni quando
la polvere ti assale fino agli occhi
ricoperto di tarme a strati doppi
che se spolveri la patina
l’oggetto pare sia
d’un altro proprietario.
Forse se adorassi le chiacchiere
al telefono quelle del giornale
le polemiche d’ufficio la parvenza
l’effetto levigante del silicio
forse se corressi a perdifiato
con ritmo armonico in cadenza
tre minuti corsa tre rapidamente.
Dal rigetto forse mi potrei salvare
dal colesterolo dalle preveggenze
dalle assenze infilate nei capelli
saprei di rughe maglie grinze
di ciarpame cotto tra fornelli
calda di lana pettinata
sarei ricovero agli agnelli
come ovile di bambagia
al pascolo infiorato
del ritorno.
in viso il riso
l’ansia che sconquassa forse
troverebbe tregua
forse se cessassi questa
trivellazione assurda
che di ghiandole fa asole
e scava e butta fuori
sassi grassi e argilla.
Se al chiuso riponessi il nido oscuro
dentro un sacco nel ripiano alto
quello che ci arrivi con la scala
che lo trovi dopo anni quando
la polvere ti assale fino agli occhi
ricoperto di tarme a strati doppi
che se spolveri la patina
l’oggetto pare sia
d’un altro proprietario.
Forse se adorassi le chiacchiere
al telefono quelle del giornale
le polemiche d’ufficio la parvenza
l’effetto levigante del silicio
forse se corressi a perdifiato
con ritmo armonico in cadenza
tre minuti corsa tre rapidamente.
Dal rigetto forse mi potrei salvare
dal colesterolo dalle preveggenze
dalle assenze infilate nei capelli
saprei di rughe maglie grinze
di ciarpame cotto tra fornelli
calda di lana pettinata
sarei ricovero agli agnelli
come ovile di bambagia
al pascolo infiorato
del ritorno.
Progetto lettura 10
E' la volta della poesia di iole toini qui, sempre su oboesommerso.
Vi consiglio di andare a leggere e ascoltare non resterete delusi, ha tutto il fascino di una poesia d'angoli.
Vi consiglio di andare a leggere e ascoltare non resterete delusi, ha tutto il fascino di una poesia d'angoli.
1.16.2007
Progetto lettura 9
Immancabile la segnalazione di un nuovo autore su blog http://oboesommerso.splinder.com/post/10528743, si tratta di Antonio Diavoli, al secolo Federico Federici, che legge alcune sue poesie inedite tratte dalla raccolta Perimetri.
1.15.2007
Do ut des
Tutto è dovuto
ogni mio fiuto
e fiato
ogni ansimare errato
che nel dare si conclude
nel gesto conclamato
d’offerta estirpamento
la vena risucchiata
il caso mancamento.
Non posso più donare
parole al vento
e l’ombra al mare
svuotarmi le tasche
i colletti dalle giacche
non posso più sostare
abbacinato restare
legato al mio palo
a una panchina
succhiare una linfa
che nutre letale
il cordone ombelicale.
Se di luce posso correre
se di vita slegarmi
se svanire se posso
io posso d’istinto
catapulta nel vuoto
trapassare lo schermo
flessibile del mondo
e morire schiumando
l’ira intera dell’immondo.
Marombra
ogni mio fiuto
e fiato
ogni ansimare errato
che nel dare si conclude
nel gesto conclamato
d’offerta estirpamento
la vena risucchiata
il caso mancamento.
Non posso più donare
parole al vento
e l’ombra al mare
svuotarmi le tasche
i colletti dalle giacche
non posso più sostare
abbacinato restare
legato al mio palo
a una panchina
succhiare una linfa
che nutre letale
il cordone ombelicale.
Se di luce posso correre
se di vita slegarmi
se svanire se posso
io posso d’istinto
catapulta nel vuoto
trapassare lo schermo
flessibile del mondo
e morire schiumando
l’ira intera dell’immondo.
Marombra
1.14.2007
Segnalazione
Desidero segnalare il mio esordio come coautrice sul blog Erodiade avvenuto con questa poesia.
http://erodiade.splinder.com/post/10561689
http://erodiade.splinder.com/post/10561689
1.11.2007
Se noi
Mi chiedevo se fossi tu
a toccarmi lieve
se tu
visibilmente stanco
piovessi neve
se tu inchiostro rosso
sopra il nero
fossi sposo promesso
prima adesso
se tu
fossi una leva
per sollevare il mondo
fulcro d’equilibrio instabile
in bilico sul terrapieno mobile.
Mi chiedevo
se io fossi la sposa
alta promessa di poetessa
se noi grandi di cose
anime persone
noi così cerchi retti solidali
veti bavagli d’animali noi
unitamente stretti
avremmo mai potuto coniugare
il verbo in qualche modo
approfittare.
Marombra
a toccarmi lieve
se tu
visibilmente stanco
piovessi neve
se tu inchiostro rosso
sopra il nero
fossi sposo promesso
prima adesso
se tu
fossi una leva
per sollevare il mondo
fulcro d’equilibrio instabile
in bilico sul terrapieno mobile.
Mi chiedevo
se io fossi la sposa
alta promessa di poetessa
se noi grandi di cose
anime persone
noi così cerchi retti solidali
veti bavagli d’animali noi
unitamente stretti
avremmo mai potuto coniugare
il verbo in qualche modo
approfittare.
Marombra
1.07.2007
Il nome
Riconsegno a voi tutti cose nuove
(a voi tutti che qualcosa mi dovete)
il nome quanto meno
che resta scritto in cielo
nell’ amara trasparenza
delle biglie di vetro.
Mani in pasta che si muove
che si fanno nel pensiero
materia di studio criminale.
Sporgersi nel vuoto spenzolando
dal balcone di sinistra 5° piano
l’ascensore la colonna dell’impianto
l’impatto il mattone rosso sangue
nella fuga la traccia dello scempio
la scena messa in atto
del delitto passionale.
Ma cosa si vuole parlare d’amore
a settant’anni?
Che la schiena si fa curva
e le braccia non reggono più il peso.
C’è da piangere e pregare
trafiggere gli occhiali di benzina
inforcare le parole e poi infuocare
il cristo crocefisso sul viale.
Marombra
(a voi tutti che qualcosa mi dovete)
il nome quanto meno
che resta scritto in cielo
nell’ amara trasparenza
delle biglie di vetro.
Mani in pasta che si muove
che si fanno nel pensiero
materia di studio criminale.
Sporgersi nel vuoto spenzolando
dal balcone di sinistra 5° piano
l’ascensore la colonna dell’impianto
l’impatto il mattone rosso sangue
nella fuga la traccia dello scempio
la scena messa in atto
del delitto passionale.
Ma cosa si vuole parlare d’amore
a settant’anni?
Che la schiena si fa curva
e le braccia non reggono più il peso.
C’è da piangere e pregare
trafiggere gli occhiali di benzina
inforcare le parole e poi infuocare
il cristo crocefisso sul viale.
Marombra
Progetto lettura 8
Non trascurate il progetto lettura, adesso al link http://oboesommerso.splinder.com/tag/jiukebox__nvacca trovate Nicola Vacca con alcune sue poesie tratte da "Incursioni nell'apparenza" edito da Manni Editori. Le poesie sono lette da Anila Resuli.
1.03.2007
Corpo
Non pensavo fosse corpo
che si da
la parola resa carne
che si fa pasto di sangue
che gocciola nell'acqua
……………………dalle vene.
Il guanto lo stantuffo
il circolo deviato dell’amore
il lento defluire del dolore
che depura e leva l’urlo
che libera interiora vermiglie
………………….. .....di veleno.
Non pensavo fosse incesto
il groviglio in massa grumo
nel ventre rosso cupo
i polmoni il mostro chiuso
la vita che s’uccide
scannata a morsi strappi
…………….......di rimorso.
La sete covata di piacere
succhia violaciocca di pudore
come uncino lo stridore
trafigge il cobra acuto
artiglia la coperta dilaniata
………sulla bocca
che dice il padre la paura
lo schianto l’unghia scura
annera il buio pesto la saliva
il grasso aderente alle budella.
Nel suo più fondo abisso
l’oceano sconvolto
non da fiori.
Marombra
che si da
la parola resa carne
che si fa pasto di sangue
che gocciola nell'acqua
……………………dalle vene.
Il guanto lo stantuffo
il circolo deviato dell’amore
il lento defluire del dolore
che depura e leva l’urlo
che libera interiora vermiglie
………………….. .....di veleno.
Non pensavo fosse incesto
il groviglio in massa grumo
nel ventre rosso cupo
i polmoni il mostro chiuso
la vita che s’uccide
scannata a morsi strappi
…………….......di rimorso.
La sete covata di piacere
succhia violaciocca di pudore
come uncino lo stridore
trafigge il cobra acuto
artiglia la coperta dilaniata
………sulla bocca
che dice il padre la paura
lo schianto l’unghia scura
annera il buio pesto la saliva
il grasso aderente alle budella.
Nel suo più fondo abisso
l’oceano sconvolto
non da fiori.
Marombra
1.01.2007
Ritorno ai fiori
Ci sono fiori pochi
e rombi in lunghi gambi
flessi nei colori
le poche cose dette
i papaveri le essenze
la tanta grazia umana
che trascende
cieli e mondi
l’azzurra trasparenza
che dà senso celeste
ai petali nascosti
del piacere.
Che bisogno di respiro
nei polmoni rosi
a pezzi di rottami
fuori marci scarti
di viole e morsi rossi
rutilanti a getto cocci
dalla bocca di saetta
nel rigurgito verdastro
denti grossi e seghe
la lingua intinta
nel miele dolcissimo
d’aceto.
Marombra
e rombi in lunghi gambi
flessi nei colori
le poche cose dette
i papaveri le essenze
la tanta grazia umana
che trascende
cieli e mondi
l’azzurra trasparenza
che dà senso celeste
ai petali nascosti
del piacere.
Che bisogno di respiro
nei polmoni rosi
a pezzi di rottami
fuori marci scarti
di viole e morsi rossi
rutilanti a getto cocci
dalla bocca di saetta
nel rigurgito verdastro
denti grossi e seghe
la lingua intinta
nel miele dolcissimo
d’aceto.
Marombra