Estate
che sulle labbra posano il cielo
è la tristezza il pozzo lento
del pensiero
sgocciolare dorato furtivo
come frutto d’uva o d’ulivo
pestato con forza nei tini
un colore simile al mosto
pressato da pietra angolare
nel casale di tegole e cotto.
Un vecchio attraversa la strada
muove assorto le braccia e la bocca
parla agli angeli di sguardi perduti
con le ali che gli stanno vicino.
Nella piazza del tempo le occhiaie
sono cerchi di vetro azzurrino
voci bianche argentine a coprire
l’ascolto
copricapo d’intenti in frammenti
angusti orizzonti a spezzare
un sogno repentino di gloria
la piena chiarezza del sole
nei ronzii soprassalti frinire
d’erba secca e cicale arrossire.
Marombra